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Erasmo Stefano da Narni, detto il Gattamelata, L'uomo che portò navi sulla terra ferma

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view post Posted on 28/3/2023, 15:56
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Erasmo Stefano da Narni, detto il Gattamelata (Narni, 1370 – Padova, 16 gennaio 1443), è stato un condottiero e capitano di ventura italiano, signore di Valmareno.
Fu al servizio prima della Repubblica di Firenze, poi dello Stato Pontificio ed infine della Repubblica di Venezia, da cui ottenne la carica di capitano generale.
Abile stratega militare, difese la Serenissima dagli attacchi dei Visconti e riuscì a conquistare la città di Verona.
La sua più famosa impresa fu il trasporto di una flotta di navi da guerra dall'Adige al Lago di Garda via terra.

Storia:

Erasmo Stefano da Narni nacque nel 1370 a Narni, in Umbria; il padre Paolo era un fornaio di Duesanti, frazione di Todi, mentre la madre Melania, anch'essa di Todi, probabilmente diede a Erasmo il principio di quello che sarebbe poi diventato il suo "soprannome", essendo il cognome della donna Gattelli.
Costretto dalle sue misere condizioni alla vita militare di basso rango, Erasmo fa il suo esordio nella vita militare militando sotto il nobile di Assisi Ceccolo Broglia, prima di passare, con l'amico Brandolino Conte Brandolini, patrizio forlivese, al servizio di Braccio da Montone, grandissimo condottiero italiano del '400.
Secondo un suo biografo, Giovanni Eroli, ad Erasmo venne attribuito il nomignolo di Gattamelata "per la dolcezza de' suoi modi congiunta a grande astuzia e furberia, di cui giovossi molto in guerra a uccellare e corre in agguato i mal cauti nemici e pel suo parlare accorto e mite dolce e soave".
Altri ritengono invece che il soprannome derivi dal cognome della madre, Melania Gattelli.
In una nuova ricerca pubblicata negli Atti del convegno: "La chiesa di Santa Maria Maggiore e i domenicani a Narni" l'appellativo Gattamelata può derivare dal cimiero con la forma di una gatta dal colore miele, che il condottiero narnese aveva scelto d'indossare durante le battaglie.
Formatosi alla scuola di Braccio da Montone e di Niccolò Piccinino, militò al servizio della Repubblica di Firenze, dello Stato Pontificio (1427-1434), e infine della Repubblica di Venezia, a cui rimase sempre fedele.
Per questo, la Serenissima Repubblica volle riconoscere a lui e al suo compagno Brandolino Conte Brandolini la signoria di Valmareno, con sede nel "Castello di Costa" di Cison (1436).
L'anno successivo, però, intervenne un accordo tra i due, in base al quale Brandolino si ritirava dalle imprese militari ed il Gattamelata rinunciava alla sua parte della signoria di Valmareno.
Durante la sua intensa carriera di uomo d'armi, partecipò a numerose ed importanti azioni quali la repressione della rivolta di Bologna condotta contro il papa da Battista Canedolo, emissario di Filippo Maria Visconti, e la grande campagna nella Lombardia orientale e nel Veneto, ancora contro il Piccinino (1437-1439). In questa campagna, subentrato nel comando generale delle forze veneziane a Gianfrancesco Gonzaga, il Gattamelata attuò un'abile tattica soprattutto difensiva, che si concluse con la riconquista di Verona (1439), in cui fu aiutato da Francesco Sforza.
L'anno dopo il condottiero, infermo, si ritirò a Padova, dove morì il 16 gennaio 1443.
La Repubblica di Venezia lo onorò con l'iscrizione al libro d'oro del patriziato.
Particolari le caratteristiche del suo stemma che nel corso della sua lunga carriera di ventura assumono quattro fogge diverse, anche se sempre impostate su due motivi, tre cappi (che potrebbero essere tre trecce di crini di cavallo o corregge di cuoio) e una gatta.
Citando sempre come fonte "La chiesa di Santa Maria Maggiore e i domenicani a Narni" il suo stemma potrebbe rappresentare invece tre funi, implicando quindi che forse il padre del Gattamelata le lavorava.
Famoso oltre che per le sue imprese militari per la statua equestre in bronzo fatta da Donatello su commissione della vedova Giacoma della Leonessa, ed attualmente a Padova nei pressi della Basilica del Santo.
Celebre anche la frase "Narnia me genuit / Gattamelata fui", la quale si può leggere incisa in una lapide che si trova presso la casa del Gattamelata a Narni.

Galeas per montes

Mappa_galeas_colori

Galeas per montes definisce (con una locuzione in latino) l'impresa di ingegneria militare, realizzata tra il dicembre 1438 e l'aprile 1439 dalla Repubblica di Venezia, che comportò lo spostamento di una flotta formata da galee, fregate e imbarcazioni varie dal mare Adriatico al lago di Garda, risalendo il fiume Adige fino a Rovereto (per la precisione alla località di Marco) e trasportando poi le navi via terra sino a Torbole, facendole infine arrivare alla parte settentrionale del lago.
Il tratto più difficile del percorso fu di circa 20 km tra le montagne superando il piccolo passo San Giovanni.
Tale operazione fu memorabile ed ebbe ampia risonanza in tutta Europa vista la sua eccezionalità e le difficoltà tecniche e logistiche superate.

L'impresa

La Repubblica di Venezia, potenza del mar Mediterraneo, nel XV secolo iniziò una fase di espansione nella terraferma veneta e lombarda attraverso conquiste militari o dedizioni spontanee, tra cui si annovera quella di Brescia.
Tale città nel 1438 venne però posta sotto assedio dal capitano di ventura Niccolò Piccinino, al soldo del ducato di Milano.
Intorno a Brescia vi furono così alcuni scontri tra Piccinino stesso e il condottiero veneto Gattamelata, che a settembre venne messo in fuga insieme a 2000 fanti e 600 cavalieri lungo valle Sabbia, a nord di Brescia, inseguito però da Piccinino.
Dopo diverse scaramucce riuscì a risalire fino all'alto lago di Garda, ad attraversare il fiume Sarca e a risalire verso Nago, affrontando così il passo San Giovanni, dove capì che vi era la possibilità di far passare i soccorsi per il bresciano.
Il Piccinino aveva infatti ormai il controllo di tutto il settore meridionale del lago fino a Mantova e diveniva quindi quasi impossibile per l'esercito veneziano portare soccorso alla città assediata passando da sud.
Sul finire del 1438 la Serenissima decise pertanto di affidarsi alla proposta formulata da Blasio de Arboribus, o forse Niccolò Carcavilla, e da Niccolò Sorbolo, che progettarono di transitare per il fiume Adige, entrandovi alla foce e risalendolo fino a sud di Rovereto, dove avrebbero tratto a secco la flotta, che sarebbe poi stata trasportata lungo le strade alpine che risalgono dalla base del monte Baldo fino al lago di Loppio, per sorpassare il passo San Giovanni e scendere fino al porto di Torbole, dove sarebbero state calate nel lago di Garda.
La flotta, costituita da 25 grosse imbarcazioni, 6 galee e 2 fregate, salpò nel gennaio 1439 da Venezia ed imboccò la foce dell'Adige nei pressi di Sottomarina di Chioggia, risalendo il fiume fino a Verona.
Nel porto fluviale della città vennero applicate alle imbarcazioni dei galleggianti per ridurre il pescaggio e proseguire il viaggio, in quanto il fiume era in magra.
Il percorso proseguì attraverso la chiusa di Ceraino fino al borgo di Marco, situato poco a sud di Rovereto.
A questo punto la flotta venne tirata in secco tramite dei macchinari appositamente inventati; quindi con l'aiuto di centinaia di operai, tra cui sterratori, falegnami, carpentieri, marinai, rematori delle navi e uomini del luogo, venne spianata quella che sarebbe divenuta la strada su cui sarebbero state trainate le imbarcazioni.
A tal fine vennero utilizzati duemila buoi requisiti nelle vicinanze, che furono suddivisi, in quanto ne servirono fino a 120 coppie per i vascelli di maggiori dimensioni.
Durante la salita furono livellati gli ostacoli naturali, tagliate piante e demolite alcune abitazioni, realizzati alcuni ponti e opere infrastrutturali, mentre la strada veniva realizzata con tavole di legno, sopra le quali scivolavano rulli che facilitavano il trascinamento dei pesanti mezzi navali.
Solo il lago di Loppio (ora non più esistente) facilitò il passaggio della flotta; superato questo, le imbarcazioni vennero nuovamente tirate in secco e trascinate sul ripido pendio finale per il passo San Giovanni.
Più difficoltosa ancora fu la ripida discesa dal passo verso Nago e soprattutto Torbole, a causa della tendenza del naviglio a prendere velocità verso il basso e a scontrarsi contro le rocce; attraverso la valle di Santa Lucia si tentò allora di trattenere le navi tramite grosse funi che assicurassero gli alberi delle navi a grossi massi, regolando così lo scivolamento verso il lago tramite alcuni argani.
Per frenare ulteriormente la corsa verso l'acqua si decise genialmente di sfruttare l'ora del Garda, un forte vento che soffia da sud nel pomeriggio, spiegando le vele in modo da "alleggerire" il peso dei navigli.
La complessa operazione durò due settimane e costò alla Repubblica di Venezia la notevole cifra di 15 000 ducati, ma consentì alla flotta veneziana di salpare dalle rive di Torbole, non distante da Riva del Garda; tale impresa divenne così famosa in tutta Europa.
 
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