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Soci per caso, una mia breve storia fantasy

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view post Posted on 5/7/2021, 06:31
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Un uomo vestito di nero stava camminando per la foresta dritto presso un centro abitato. Il tipo era alto, muscoloso, e portava due spade bastarde rinfoderate ognuna per lato, aveva una capigliatura nera, e gli occhi azzurri. E stava giocherellando con un sacco pieno di monete d'oro.

"Ho decisamente avuto una buona giornata di lavoro oggi." Pensò. "L'assassinio che mi hanno commissionato è stato decisamente proficuo."

Stava per rimetterlo in via quando all'improvviso sentì dei passi, tempestivamente mise la mano libera su una delle due spade, nel caso ci fosse qualche problema. Si avvicinò per vedere cosa fosse, e la scena che vide lo fece sussultare. C'era un orco, grande la metà più di lui con la pelle verde e la bocca piena di zanne, che correva zoppicando, usando una mazza chiodata come per stampella per muoversi. Ed era inseguito da cinque orchi più piccoli di lui. L'umano, vedendo come i vestiti dell'orco zoppo fossero più su della stoffa marrone, mentre quelli degli inseguitori, erano più della stoffa rossa, con tanto di pitture bianche sulla faccia, ed armati di lame dentellate, capì che non dovevano appartenere alla stessa tribù. Doveva essere una di quelle baruffe tra tribù di orchi rivali. Assistendo la scena, vide come i cinque orchi più piccoli avessero alla fine raggiunto e circondato quello più grosso, e di come quest'ultimo, cercasse strenuamente di difendersi usando la mano libera, e disarmata, per salvarsi da quella terribile situazione. Il mercenario fece per andarsene, dato che la cosa non lo riguardava, e non se la sentiva di avere problemi in quel momento, Quando all'improvviso. Percepì qualcosa. Capendo cosa fosse abbassò la testa evitando di farsi colpire da un fendente ritorto contro di lui.

"Ma guarda." Commentò con sarcasmo "Gli orchi erano 6 a quanto pare. Serve a niente poter dire che me ne sto andando e che non voglio guai?"

L'orco non rispose nemmeno e lo attaccò di nuovo. Non c'era bisogno di parlare per capire come'era messa la situazione, dato che non era la prima volta che succedeva. Avevano visto il suo oro, ed anche le sue spade, e volevano derubarlo. Lanciando il sacco in aria, l'uomo schivò di nuovo l'attacco dell'orco abbassandosi lateralmente e lanciandosi in avanti, passandogli oltre, sguainò una delle sue spade, e lo trafisse alla schiena con un movimento piuttosto fluido. Afferrrando il sacco al volo mentre scendeva.
Gli altri orchi udirono quanto era successo. Così due di loro andarono verso di lui, mentre uno dei tre rimanenti suonò un corno, che il mercenario riconobbe subito il significato.

"Mannaggia. Ora arriveranno i rinforzi."

Così, dopo aver messo via la borsa d'oro, sguainò anche l'altra spada, avendone ognuna per la mano, e cominciò il suo duello contro i due orchi.

La sfida non fu molto facile. Si mise in mezzo ai due avversari, facendo tenendoli entrambi a bada con una spada ciascuno. Per fortuna essi erano aggressivi e lo stavano sottovalutando. Per questo gli bastò semplicemente stuzzicare i due avversari e fare in modo che colpissero con più aggressività e violenza, per poi, quando entrambi provarono a fare un fendente da entrambi i lati per provare a tagliargli la testa, lui si abbassò e con una mossa fulminea infilzò entrambi i suoi avversari al petto. Quando i due caddero a terra morti il mercenario non fece in tempo a tirare un sospiro di sollievo che si accorse di come ormai i rinforzi fossero arrivati, ed avessero ormai bloccato qualunque via di fuga. Casualmente si voltò verso l'orco zoppo, e si accorse che era riuscito ad uccidere i tre orchi che lo avevano circondato impadronendosi di una delle loro spade. Tra i due si scambiò uno sguardo, rapido, ma da quello sguardo entrambi capirono una sola parola: "Tregua"

Così il mercenario si mise accanto all'orco, ed entrambi coprirono le spalle dell'altro, mentre i gli orchi nemici cominciarono ad avvicinarsi in cerchio. Sfruttando l'ambiente degli alberi, i punti di forza dell'altro, e facendo in modo che non attaccassero tutti contemporaneamente, i due riuscirono ad uccidere tutti gli orchi che li avevano attaccati. Dopo aver tirato un respiro profondo per la fatica fatta, ripromettendosi di farsi medicare le ferite che si era anche procurato, il mercenario rinfoderò le spade e cominciò a controllare i cadaveri dei morti per vedere se c'era qualcosa di utile da prendere.

"Grazie."

Udì il mercenario dire dall'orco mentre continuava la raccolta di roba utile.

"Non dovresti ringraziarmi così tanto. Mi sono ritrovato coinvolto nei tuoi problemi, e così ho dovuto fare quello che dovevo per sopravvivere."

"Lo so. Ma se sono vivo lo devo comunque a te. Combatti bene per essere un umano."

"Lo prendo per un complimento. Neanche tu te la cavi male dopotutto per essere anche ferito."

"Penso che sia doveroso presentarci ormai. Mi chiamo Ulmak. Tu come ti chiami."

Il mercenario cominciava a sentirsi infastidito da quelle domande, ma in fondo, se parlavano, almeno avrebbe avuto qualcosa da fare, e forse non gli sarebbe venuto in mente di pugnalarlo alle spalle.

"Beh, io mi chiamo Amos." Gli rispose quindi.

"Dimmi, Amos." Chiese Ulmak mentre il mercenario finiva di perquisire i cadaveri. "Dove hai imparato a combattere così."

Amos si rassegnò al fatto che quell'orco ormai voleva parlare. Ma in fondo non c'era nulla di male in una chiacchierata.

"Beh, che dire. Non c'è niente di complicato nella mia storia. Semplicemente fin da piccolo ero affascinato dalle storie di guerra, ed ero attratto dalla violenza. Così appena ho potuto ho preso ed ho cominciato ad imparare a combattere. Ho lavorato duramente per diveltarlo. Poi quando è scoppiata la guerra ho combattuto e mi è piaciuto. Il campo di battaglia mi piaceva. Abbattere ogni mio avversario, il brivido del rischio, mi faceva sentire vivo come non mai. Poi ovviamente la guerra è finita e non avevo più niente da fare e, sapendo solo combattere, ho deciso di trovarmi un lavoro come mercenario. Tanto per unire l'utile al dilettevole. Così adesso mi guadagno da vivere facendo quello che mi piace di più. Immagino che per voi orchi la guerra sia comunque la norma."

"Già." Commentò Ulmak "I combattimenti e la guerra sono la norma tra quelli della mia specie."

Amos tirò un sospiro.

"Suppongo che ora tu debba tornare nel luogo da cui provieni."

A quelle parole Ulmak abbassò lo sguardo, ed un velo di tristezza apparve sul suo volto. "Non posso."

"Perché no?"

"Quelli che abbiamo ucciso facevano parte di una tribù nemica in guerra con la mia. Ci hanno attaccato ed hanno sterminato la mia gente. Io sono l'ultimo della mia tribù. E non ho più un posto dove andare."

Amos a quelle parole non poté non sentirsi dispiaciuto. Giustamente, come mercenario non avrebbe dovuto curarsi di certe cose, ma la famiglia è pur sempre la famiglia. Improvvisamente gli venne un'idea.

"Beh, se non hai posto dove andare, potresti venire con me."

"E perché mi offriresti questo?"

"Convenienza. Questa battaglia è stata dura. Se non ci fossi stato tu probabilmente avrei fatto una brutta fine. Ed immagino che tu potresti fare di meglio una volta guarito. Con il tuo aiuto potrei farmi ingaggiare per cose più difficili, e con maggiori compensi monetari."

"Non ti preoccupa di quello che potrebbero pensare gli altri se ti fai vedere insieme con un orco?"

"Ovviamente no. Io combatto solo per i soldi e perché mi piace farlo. Non mi interessa nulla della fama e della gloria. Ed uccidere gli altri indiscriminatamente mi ha insegnato a vedere tutti allo stesso modo senza fare preferenze."

"E chi mi dice che non cercherai di fregarmi?" Chiese l'orco sospettoso.

"Non temere. Non sono il genere di mercenario che cambia bandiera quando gli fanno un'offerta migliore. Quando sono diventato un mercenario ho deciso di essere corretto e di non rompere mai un contratto. Così posso farmi pagare di più per il semplice fatto che non mi rimangio la parola anche se mi pagassero di più. Ovviamente mi basta solo evitare di fare il passo più lungo della gamba ed evitare missioni che portino a morte certa ed è fatta."

"E per gli esseri umani violenti che non riuscirebbero a tollerare la mia presenza?"

"Diremo che ti ho catturato e sottomesso e che sei al mio servizio."

A quelle parole Ulmak si avvicinò ad Amos con furia. "Non ho alcuna intenzione di essere un tuo sottoposto. Ho ancora la mia dignità." gli disse minacciosamente.

"Non lo sarai per davvero." Volle rassicurarlo. "Per rassicurare le persone che potrebbero linciarci, diremo così, ma privatamente, tra di noi, saremo soci alla pari. E ci divideremo in modo equo i compensi degli ingaggi. Che te ne pare?" gli tese la mano in segno di rispetto. "Soci?"

L'orco strinse la mano del mercenario. "Soci."

E da quel giorno iniziò la loro collaborazione basata sul rispetto e la fiducia.
 
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